Ecco
qual è il punto di vista degli arabi, dei palestinesi e dei musulmani sugli
ebrei e su Israele
Tratto da
qui Riprendiamo da SHALOM, con il titolo " Gli ebrei sono scimmie e
maiali" di Ugo Volli.
Per capire che cosa sia l'ondata di attentati
che chiamano “intifada silenziosa”, perché sia scoppiata la guerra di Gaza
l'estate scorsa, insomma che cosa sta davvero accadendo in Israele, è
opportuno fare una semplice operazione intellettuale che nessuno fa in
Occidente, né la piccola parte degli amici di Israele né la maggioranza di
coloro che più o meno esplicitamente sostengono “i diritti dei palestinesi”
e neppure i pochi osservatori neutrali.
Bisogna cioè sforzarsi di vedere le cosa dal punto
di vista degli arabi, cercare di capire che cosa passi per la testa di
chi cerca di travolgere con l'automobile dei passanti qualunque alla fermata
del tram a Gerusalemme o lancia razzi da Gaza su città pacifiche che non gli
hanno fatto nulla o accoltella una ragazza sconosciuta alla fermata
dell'autobus.
Non importa che quel che pensano costoro non sia
vero, che fatti e testimonianze storiche vadano in tutt'altra direzione.
Quel che conta è che ci credono. Non occorre essere psicologi profondi o
stregoni per capirlo. Basta guardare la
propaganda araba, insistente, martellante, continua. Ed è facile
riuscirci, grazie al meritorio lavoro del Middle East Media Research
Institute (www.memri.org), che studia e
documenta quotidianamente quel che esce sui media arabi, accumulando un
materiale imponente sulla propaganda islamista e nazionalista palestinese.
Quel che emerge è ciò che gli americani chiamano “la
narrativa palestinese”: pura fiction in buona parte, ma influente e
pericolosa.
La premessa è che in passato, anche prima di
Maometto, c'erano dei profeti che conoscevano l'Islam, cioè la sottomissione
a Dio. Alcuni di costoro li conosciamo anche noi: Ibrahim, per esempio, che
sarebbe Abramo, con i suoi discendenti, Mussa, cioè Mosè, Daud, cioè Davide,
perfino Issa, cioè Gesù.
Costoro non erano ebrei ma musulmani, non
frequentavano luoghi di culto ebraici e tanto meno il Tempio di Gerualemme,
mai esistito, ma moschee.
Appartenevano purtroppo per loro a un popolo
maledetto, “figli di scimmie e di maiali”, che li perseguitò e li tradì,
come tradì anche Maometto, che però seppe dargli (almeno a quelli che aveva
a tiro) la punizione che meritavano, cioè morte e schiavitù.
Da allora nell'Islam gli ebrei sono esseri inferiori,
la cui vita è tollerata solo se si umiliano e si sottopongono a una tassa
speciale per pagarsi il diritto di non essere ammazzati. Gerusalemme è
diventata santa quando gli arabi l'hanno finalmente conquistata agli
infedeli e Maometto ci ha perfino parcheggiato il suo asino prima di
ascendere al cielo.
Da allora almeno, ma certo già da sempre, la
Palestina è stata araba e musulmana. Ci sono state le invasioni crociate, ma
sono state respinte, come sarà respinta l'invasione attuale degli ebrei.
Gli ebrei non hanno nessun rapporto con la Palestina,
non ci sono mai stati, non si sa dove siano vissuti, ma certo vengono
dall'Europa e la loro presenza in Palestina non è altro che un'invasione
coloniale.
Ce n'era qualcuno, come altre minoranze trascurabili
quando la Palestina era libera, islamica e ricca, cioè fino a un secolo fa.
Poi ne sono arrivati sempre di più, con l'aiuto
dell'Occidente, hanno rubato la terra, si sono inventati diritti che non
hanno, hanno mancato di rispetto all'Islam e ai popoli arabi, e con l'aiuto
degli americani e con sporchi trucchi di vario tipo sono riusciti anche a
respingere le giuste guerre di liberazione del popolo arabo.
I loro crimini sono infiniti: ammazzano i bambini,
cercano di distruggere la mosche di Al Aqsa e di impadronirsi degli altri
luoghi santi musulmani, corrompono la gioventù, hanno la pretesa contro
natura di ignorare la loro inferiorità e perfino di dominare su chi è loro
superiore come gli arabi.
Dovrebbero tornarsene da dove sono venuti, ma non
vogliono e del resto anche lì non li vogliono, come di mostra la meritoria
azione di Hitler che purtroppo ne ha ammazzati molto pochi.
Dunque non resta che annientarli, distruggerli. Il
che è un compito nazionale, che incombe a ogni musulmano, perché la
Palestina è patrimonio inalienabile dell'Islam, come ogni terra conquista.
Ma c'è di più, si tratta di un compito religioso,
perché la salvezza finale dell'umanità verrà solo dopo un'ultima battaglia
in cui bisognerà uccidere gli ebrei tutti, fino all'ultimo. E se qualcuno
cercasse di fuggire e si rifugiasse dietro una pietra o un albero, gli
elementi naturali stessi chiamerebbero i buoni musulmani per eliminarli.
Non potendo per il momento realizzare questa grande
missione, si tratta di avvicinarsi gradualmente al risultato: uccidendo
quanti più ebrei si può, rapendoli per scambiarli con i combattenti islamici
ingiustamente detenuti da loro, danneggiandoli in tutti i modi, convincendo
gli altri stati che non amano gli ebrei a forzarli a ritirarsi, creando
contraddizioni fra loro.
Perché naturalmente non c'è differenza fra
l'occupazione di Hebron e quelle di Haifa, quella della Valle del Giordano e
della pianura costiera, come non vi è differenza fra chi abita ad Ariel o a
Tel Aviv, a Maalé Adumim e a Eilat.
Tutte colonie sono, e tutti coloni quelli che ci
vivono, anche quelli che stanno in Europa. Che loro credano di potersela
cavare ritirandosi da una parte del territorio occupato può essere utile,
com'è utile c he si dividano e che si odino fra di loro.
Ogni tanto un accordo di pace può essere utile,
purché sia pagato caro in termini di terre sgomberate e di prigionieri
liberati; ma i musulmani devono aver chiara la lezione di Maometto, già
ribadita da Arafat: non vi può essere pace con gli infedeli, solo
tregue che si possono rompere quando la situazione strategica sia cambiata e
ai musulmani convenga di nuovo la guerra.
Che loro si illudano pure; quel che conta soprattutto
è sapere che la guerra c'è e non cesserà mai fino all'annientamento di
Israele e dell'ultimo ebreo.
Se questa è la mentalità con cui bisogna fare i conti
- e ci sono infiniti documenti che la esibiscono - bisogna tenerne conto,
cercare di non sostituirla con quelle immagini mentali consolatorie che
l'Occidente ama praticare, sapere che la politica è per i palestinisti
continuazione della guerra con altri mezzi.
Riconoscere che la sola pace che si può ottenere in
questo momento è una tregua,destinata a durare solo finché Israele sia in
posizione di forza.
Tutto il resto è whishful thinking, pensiero
desiderante, autolillusione; una delle basi più pericolose per ogni
politica, in particolare per un popolo da sempre minacciato come quello
ebraico.
Le verità sul medio oriente
oltre la propaganda antisemita
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